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L'orto della strega

di Giovedì, 19 Giugno 2014
Immagine decorativa

Gioiello botanico presente sul Sentiero è " l'orto della strega Brigida" dove sono state raggruppate alcune delle molteplici erbe da lei usate. Sostiene l'antropologa Michela Zucca: "La conoscenza stregonesca delle essenze naturali era talmente profonda da permettere alle maghe l'impiego di sostanze pericolosissime, sia in funzione terapeutica che allucinogena. Per interpretare la volontà degli spiriti, oppure soltanto per estraniarsi da una realtà fatta di dolore, miseria e fame, ci si procurava uno stato allucinatorio in cui si facevano dei veri e propri viaggi nel mondo dell'al di là".

"Queste sostanze, fra l'altro, si prestano ad essere essicate e conservate, magari per anni; e siccome la gente viaggiava e si scambiava beni molto più di quanto si potrebbe sospettare oggi, anche povere fattucchiere di paese potevano entrare in possesso senza eccessiva fatica di essenze di origine esotica, come l'oppio".
Le streghe a Cimego, un tempo, erano  "di casa" ma, tra le tante, due hanno acquisito particolare notorietà: Nicolina e Brigida. Di Nicolina, purtroppo, sappiamo poco. Sappiamo solo che, stando a fonti di archivio notarile risalenti al 1516, "A causa dei suoi scellerati misfatti fu bruciata per azione della giustizia ad esempio di tutti gli altri". Non così è per Brigida, detta bonariamente Brida, donna capace di riunire in un'unica persona ben tre particolari "qualità" (se così si può dire): criminale, avvelenatrice e cospiratrice politica. Ci occuperemo brevemente delle prime due.

Chi era Brigida?

Brigida fin dall'inizio della sua sfolgorante carriera delittuosa si rivela una ribelle, cominciando la sua attività proprio contro la famiglia e l'istituzione matrimoniale. Accadeva anche a quel tempo che in alcune situazioni il coniuge diventasse "insopportabile". Che fare quindi? Si "resisteva"  fin che si poteva ma poi, raggiunto il limite, non potendo ancora ricorrere al divorzio, si passava alla soluzione più radicale e più drastica: l'omicidio, e in specifico, l'avvelenamento.
E fu proprio di questo che la nostra Brigida venne accusata. Secondo l'accusa ella avrebbe fornito una pozione di veleno ad un amico stanco della moglie, all'amante perché ne facesse lo stesso uso, per poi "chiudere in bellezza" assassinando il proprio marito. Come si vede una carriera criminale niente male.
Ma come Brigida si sarebbe procurata l'arma letale?
Molte donne di quel tempo erano esperte nella raccolta di erbe, piante, frutti e funghi, tutti elementi facilmente reperibili nei boschi e, a volte, persino nell'orto domestico, elementi con particolari proprietà "terapeutiche", in grado spesso di curare ma, in qualche caso, variandone il dosaggio, anche di causare la morte del malcapitato. La nostra Brigida sicuramente conosceva l'uso di queste sostanze e, probabilmente, proprio nelle situazioni a cui abbiamo precedentemente accennato, seppe usarle "con particolare perizia".
Ma la sua straordinaria "abilità" ebbe modo di dimostrarla anche in occasione del processo che la vide imputata insieme con l'amante: lei se la cavò mentre il complice morì impiccato.

(Notizie tratte dall'articolo di Michela Zucca "Cimego, le sue donne e le sue streghe Brigida, Nicolina e le altre" in "Cimego, paese del ferro e dell'eresia" a cura di Franco Bianchini e Gianni Poletti).